martedì 27 aprile 2010

Gesù adottava ai suoi tempi il doppio linguaggio, cioè un parlare in pubblico e un dialogare in privato, e diceva: " Non date ciò che è santo ai cani, e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci, perché non le calpestino coi piedi, e rivoltandosi, non vi sbranino" (Matteo, VII, 6). In duemila anni molte cose sono mutate, per cui non crediamo di essere tutti, indistintamente tutti, dei cani o dei porci. " Per ogni cosa - dice l'Ecclesiaste (III, 1-7) - c'è il suo momento e di ogni faccenda viene la sua ora sotto il cielo... tempo di tacere e tempo di parlare".

Oggi è giunto il momento di parlare. Per lo meno secondo una certa misura. Parlare ad esempio di Ascesi integrale che è costituita da altre ascesi integrative che enumeriamo come segue:

1.
Ascesi fisiologica e psicosomatca, per il benessere fisico e il massimo equilibrio e rendimento del corpo, delle sue energie, allo scopo di farne un tempio dello spirito: premessa necessaria per preparare un buon karma (destino) in vista della risurrezione del corpo" sano e bello.
2.
Ascesi sociale, cioè lo sforzo, l'esercizio, l'azione metodica e progressiva per diventare un cittadino perfetto e farsi portavoce di una società nuova poggiata sulle colonne della carità, della non violenza, della reciproca assistenza economica, culturale e spirituale.
3.
Ascesi mistica, attraverso un'intensa vita devozionale e di dialogo con la Divinità; processo di trasmutazione interiore che porta all'estasi attiva, alla visione della Luce. È l'Opera al Bianco degli Alchimisti, l'entrata nelle Acque della Vita, il soggiorno dei Santi: preludio di un nuovo stato di superiore salita verso il Regno di Dio.
4.
Ascesi teurgica, o progredire con i riti che attirano l'amicizia e l'aiuto di Dio, del Cristo, della Madre, degli Spiriti Angelici aiutatori, Arcangelici e della Comunione Universale degli Adepti e dei Santi.
5.
Ascesi magica, sforzo e azione per dominare le forze della Natura.
6.
Ascesi cosmica, azione e avanzata verso una sintonia o cosmicizzazione con il tutto: astri, elementi, cieli, ecc.
7.
Ascesi sapienziale e iniziatica, o l'innalzarsi spirituale con la Conoscenza e speciali pratiche che conducono ad una trasmutazione interiore ed al salto di qualità. P- la via per uscire dalle Acque del mondo fenomenico, l'andare oltre allo stato mistico, è il cristico camminare sopra le Acque. È la veglia perenne e l'Opera al Rosso dell'Alchimista, cioè lo stato regale di chi è finalmente uscito dal gioco della creazione.

Occorre una iniziazione umana progressiva: un vero e proprio sacerdozio integrale, l'apertura della coscienza alle influenze spirituali dell'Iniziatore Cosmico che ritornerà per giudicare i vivi ed i morti. Prepariamoci in tempo utile, prima che l'Angelo della Morte venga a bussare alla nostra porta. Egli può arrivare in qualunque momento, ed in qualunque momento dobbiamo essere pronti per il grande viaggio. Sarebbe una grave sciagura non essere già diventati Figli dell'Altissimo, dotati di tutti i poteri dell'Adepto. La carità e la sapienza sono un grande patrimonio, ma non bastano per essere salvi. La traversata dell'oceano astrale implica l'incontro della "delinquenza astrale", le insidie del Guardiano della Soglia, lo stato di sonno e di sogno, la tormentosa oscillazione fra il risveglio e il riaddormentarsi in un mondo di fantasmi, di illusioni, poi il ripiombare in un nuovo corpo qui sulla terra. Solo con le Ascesi si guadagna l'autocoscienza, il ricordo delle vite passate, il cosciente rapporto con la Realtà, perché occorre prima di tutto mutare la coscienza, la qualità di questa coscienza, da bestiale in umana e da umana in superumana.

sabato 24 aprile 2010

l'era dell'acquario

Il globo terrestre è soggetto a diversi movimenti, quali la rotazione, la rivoluzione, la nutazione e la precessione: quest'ultima consiste nella rotazione dell'asse terrestre attorno alla perpendicolare all'eclittica, come accade a una trottola. A causa della precessione la posizione delle cosiddette stelle fisse rispetto alla terra cambia lentamente e, considerando appunto tali stelle come se fossero immote, si suppone che l'asse terrestre ritorni nella posizione originale ogni 25765 anni. Tale rotazione fa sì che gli equinozi vengano anticipati di circa 20 minuti l'anno. Nel cielo delle cosiddette stelle fisse sono disegnate le costellazioni zodiacali nelle quali il sole "entra" e ivi soggiorna ogni mese, mentre l'equinozio "permane" nel segno zodiacale per (25675/12 =) 2140 anni circa. C'è però da sottolineare che la durata di tale periodo è molto variabile: innanzi tutto l'ampiezza delle costellazioni può essere diversa l'una dall'altra, cosa che può comportare durate molto diverse da 2140 anni; inoltre nel corso dei millenni la struttura stessa delle costellazioni cambia: prima di tutto perché non si tratta realmente di stelle "fisse", cioè solidali coi movimenti del pianeta Terra, e poi perché la costellazione non è altro che un'immagine costruita sulla proiezione della posizione delle stelle che la compongono, non rappresentando quindi un reale gruppo stellare solidale. Comunque, tale periodo di circa 2140 anni è detto era astrologica, e viene chiamato col nome del segno zodiacale all'interno del quale è situata la posizione del sole all'equinozio di primavera. Se però durante l'anno la sequenza zodiacale è Ariete, Toro, Gemelli e così via fino a Pesci, le ere astrologiche seguono l'ordine inverso: quella attuale è l'era dei Pesci (che, grossomodo, va dall'anno 1 al 2140) e la prossima sarà non l'era dell'Ariete, bensì l'era dell'Acquario. L'uso dell'equinozio di primavera come posizione astronomica discriminante per l'era astrologica risale alla sua importanza simbolica nel ciclo annuale della natura: a partire dall'equinozio di primavera infatti il sole, sempre più alto sull'orizzonte, riscalda più efficacemente l'ambiente naturale e determina la "rinascita" primaverile della natura dopo la "morte" invernale. Nonostante il concetto di precessione degli equinozi sia stato scoperto da Ipparco solo nel II secolo a.C., l'equinozio di primavera rappresentava una festività già nell'antichità e la sequenza delle ere astrologiche permette di avanzare interpretazioni di vari miti antichi. La lettura in questa chiave, di eventi e opere passati, ricostruisce a suo modo la storia: la Bibbia, per esempio. Si può osservare come questa si sviluppi nello svolgersi di quattro ere: dalla storia di Mosè che scende dal Sinai e vede il suo popolo adorare un vitello si può individuare l'era del Toro, grosso modo collocata tra il 4300 a.C. e il 2150 a.C., mentre Mosè è colui che guida il passaggio (pesach) dalla vecchia era a quella nuova, l'era dell'Ariete. Alcune divinità collocabili intorno a quest'epoca, infatti son raffigurate nell'atto di uccidere un toro (ad esempio Mitra).Gesù è invece colui che guida l'umanità attraverso l'era attuale, l'era dei Pesci. Il suo simbolo è tra l'altro il pesce, i suoi amici erano pescatori, lui si diceva "pescatore d'uomini" e sfama migliaia di persone con due pesci.Gesù, in un racconto dei Vangeli (Lc 22:10), per preparare la Pasqua (che significa "passaggio") dice ai suoi discepoli "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua", cioè l'Aquario, la nuova era (secondo questa esegesi, ovviamente), che inizierà nel 2150, per alcuni, o nel 2012, per altri. "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente." (aeon, nell'originale greco) è la traduzione delle parole di Gesù presentata nell'ultimo versetto del vangelo di Matteo (vedi ultimo versetto del vangelo di Matteo (Mt 28, 20) che presenta una versione diversa rispetto agli altri evangelisti). L'era astrologica secondo Steiner non inizia con l'ingresso dell'equinozio in una costellazione, ma a metà del suo percorso, e quindi l'era dei Pesci, per esempio, l'era attuale, è in realtà iniziata intorno al 1400, mentre l'era dell'Aquario è ben lungi dall'essere prossima (circa nel 3500). L'attesa di una nuova era inizia comunque precocemente, questo spiegherebbe l'operato di molti profeti come Mosè e Gesù ben prima del reale inizio dell'era spirituale profetizzata. L'attesa della "new age" in nome dell'Aquario è quindi iniziata intorno agli anni venti-trenta del secolo scorso.Secondo Steiner ogni era è caratterizzata da un popolo guida: per esempio l'era dell'Ariete si è svolta sotto l'egida della cultura greco-romana, quella dei Pesci ha come popolazione dominante quella anglo-sassone, mentre l'era dell'Acquario sarà guidata dagli slavi.Secondo l'astrologia, ogni era dura 2160 anni senza distinzione di durata tra le varie costellazioni, e il completamento del giro dello Zodiaco attraverso i cicli cosmici si compie in 25920 anni, poiché tradizionalmente non si considera la costellazione dell'Ofiuco. A metà di questo percorso, ossia ogni 12960 anni, si verifica un'inversione dei poli magnetici terrestri. Le cosiddette ere astrologiche quindi avranno queste caratteristiche:

Costellazione Durata
Vergine 3160 anni
Leone 2570 anni
Cancro 1440 anni
Gemelli 2000 anni
Toro 2620 anni
Ariete 1770 anni
Pesci 2670 anni
Acquario 1710 anni
Capricorno 2010 anni
Sagittario 2380 anni
Ofiuco 1340 anni
Scorpione 480 anni
Bilancia 1650 anni
In base a quanto sopra, l'era dell'Aquario inizierà nel 2597.

domenica 11 aprile 2010

il crepuscolo degli dei

o ragnarok: nome composto da ragna, il genitivo plurale di regin (dèi-poteri organizzati) e rök (fato-destino-meraviglie), poi confuso con røkkr (crepuscolo).
Il termine probabilmente più antico è ragnarök, che significa "fato degli dèi". Ragnarøkkr significa invece "crepuscolo degli dèi", ed è quest'ultima la denominazione più celebre del Ragnarök, grazie anche all'opera di Richard Wagner (Götterdämmerung). Gli storici hanno invece corretto quest'ultima traduzione, soprattutto il francese Claude Lecouteux, affermando che il significato vero e proprio sia invece "Giudizio Delle Potenze".
Il Ragnarök ci è noto principalmente da tre fonti: Völuspá (Profezia della veggente); Vafþrúðnismál; Gylfaginning (Inganno di Gylfi)
Il poema Völuspá -che è interamente conservato nel Codex Regius (del 1270 circa) e nei manoscritti dell'Hauksbók (del 1334 circa), mentre buone parti di esso vengono citate nell'Edda in prosa di Snorri Sturluson (del 1220 circa)- si apre con la veggente che dice ai figli di Heimdallr (che sono esseri umani) di fare silenzio. Chiede quindi ad Odino se voglia che lei declami le antiche tradizioni e leggende. Afferma di ricordare ancora i giganti che molto tempo prima l'hanno allevata.
Inizia allora a narrare il Mito della Creazione; il mondo era vuoto finché i figli di Borr fecero emergere la terra dalle acque del mare. Gli Æsir allora misero ordine nel cosmo, trovando un posto per il sole, la luna e le stelle e dando così inizio al ciclo del giorno e della notte. Seguì quindi un'epoca meravigliosa, durante la quale gli Æsir disponevano di oro in grande abbondanza, e costruivano con gioia i templi e ogni altra cosa. Ma poi dallo Jötunheimr arrivarono tre giovani e potenti gigantesse e l'età dell'oro ebbe così fine. Gli Æsir allora crearono i Nani Norvegesi, i più potenti dei quali sono Mótsognir e Durinn.
A questo punto, dopo 10 delle 66 stanze di cui è composto il poema, iniziano sei stanze che contengono semplicemente un elenco di nomi di Nani.
Dopo lo Dvergatal si racconta la creazione di Askr ed Embla, il primo uomo e la prima donna, e si descrive lo Yggdrasill, l'albero del mondo. La veggente ricorda allora gli eventi che condussero alla prima guerra di tutti i tempi e come si svolse la lotta tra gli Æsir e i Vanir.
La veggente rivela ad Odino di conoscere alcuni dei suoi segreti, e sa che cosa egli abbia sacrificato per ricercare il sapere. Gli dice che sa di Mimir e dove sia finito il suo occhio, e come lui l'abbia ceduto in cambio dell'onniscienza. Continuamente gli chiede se voglia ascoltare oltre.
Lo avverte quindi che seguirà la narrazione di terribili avvenimenti. L'assassinio di Baldr, il migliore e il più giusto degli dèi. La ribellione di Loki, e di altri. Come infine tutti gli déi periranno quando il fuoco e la violenza delle acque travolgeranno il cielo e la terra mentre gli déi combattono la loro ultima battaglia contro i loro nemici. Questa è la sua profezia, questo è il destino degli déi: il Ragnarök. Descrive i richiami alla battaglia e le sofferenze personali di ogni dio. Narra la tragica fine di molti degli déi e come Odino stesso venga ucciso.
Alla fine, dalle ceneri dei morti e dalla distruzione, risorgerà un mondo meraviglioso dove Baldr vivrà nuovamente, un mondo nuovo nel quale la terra darà messi in abbondanza senza nemmeno bisogno di essere seminata.

Secondo la leggenda spariranno Sól (il Sole) e Máni (la Luna): i due lupi (Sköll e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle si spegneranno.
Yggdrasill, l'albero cosmico, si scuoterà, e tutti i confini saranno sciolti: terremoti, alluvioni e catastrofi naturali.
Le creature del caos attaccheranno il mondo: Fenrir il lupo verrà liberato dalla sua catena, mentre il Miðgarðsormr emergerà dalle profondità delle acque. La nave infernale Naglfar leverà le ancore per trasportare le potenze della distruzione alla battaglia, al timone il dio Loki.
I misteriosi Múspellsmegir cavalcheranno su Bifröst, il ponte dell'arcobaleno, facendolo crollare. Heimdallr, il bianco dio guardiano, soffierà nel suo corno, il Gjallarhorn, per chiamare allo scontro finale Odino, le altre divinità, e i guerrieri del Valhalla, gli einherjar.
Nel grande combattimento finale, che avverrà nella pianura di Vígríðr, ogni divinità si scontrerà con la propria nemesi, in una distruzione reciproca. Il lupo Fenrir divorerà Odino, che quindi sarà vendicato da suo figlio Víðarr. Thor e il Miðgarðsormr si uccideranno a vicenda, e così Týr e il cane infernale Garmr. Surtr abbatterà Freyr.
L'ultimo duello sarà tra Heimdallr e Loki, tra i quali la spunterà il primo, quindi il gigante del fuoco Surtr, proveniente da Múspellsheimr, darà fuoco al mondo con la sua spada fiammeggiante.
Di seguito, dalle ceneri, il mondo risorgerà. I figli di Odino, Víðarr e Váli, e i figli di Thor, Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della speranza e Höðr suo fratello, torneranno da Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le pedine degli scacchi con cui giocavano gli dèi scomparsi. La stirpe umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e Lífþrasir, sopravvissuti nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o nel frassino Yggdrasill a seconda dei culti.
La rinascita del mondo è tuttavia adombrata dal volo, alto nel cielo, di Níðhöggr, il serpe di Niðafjoll, misteriosa creatura (che ricorda il serpente piuymato) tra le cui piume porterà dei cadaveri.L'assenza di paralleli corrispettivi escatologici nelle altre mitologie europee, cioè la mancanza di narrazioni sulla fine del mondo, ad esempio, in ambiente greco o romano, ha portato diversi studiosi a ipotizzare influssi più o meno decisi, nel Ragnarök, dell'immaginario cristiano, in particolare dall'Apocalisse di Giovanni. L'ipotesi sarebbe corroborata dal fatto che la mitologia norrena sia stata codificata quasi interamente in seguito all'arrivo del Cristianesimo nell'Europa settentrionale. Tuttavia, anche e proprio per questo motivo, l'ipotesi rimane tale e priva di una qualunque verifica.
Da parte sua, Georges Dumézil, studioso francese dei miti, ha messo in luce le forti somiglianze tra il Ragnarök e, nella mitologia hindu, la battaglia tra Pāndava e Kaurava, così com'è narrata nel Mahābhārata. Così come il Ragnarök sarebbe posto nel futuro, l'analoga battaglia epocale del Mahābhārata si trova nel passato.
È forse dunque possibile come corrispettivo del Ragnarök in area mediterranea la gigantomachia o la titanomachia, che vedono contrapposti gli dèi olimpici guidati da Zeus contro creature deformi e caotiche.

lunedì 5 aprile 2010

la vittoria della luce sul buio


Ciascuno di noi ha iniziato il proprio cammino milioni di anni fa, come attestano le scoperte scientifiche maturate soprattutto in questo ultimo secolo.
Osservando attentamente la natura nei suoi tre regni: minerale, vegetale, animale, ciò che maggiormente risalta è la scala evolutiva e ininterrotta che collega tutti gli esseri: tutti vivono, si nutrono e respirano allo stesso modo e i ritmi naturali sono uniformi e costanti in tutti e quattro gli elementi semplici che costituiscono il fondamento della vita delle cose (terra, acqua, aria e fuoco).
Tutto si evolve, si trasforma, niente si distrugge. Anche noi, esseri umani, abbiamo una composizione identica alle altre creature viventi e obbediamo a una ritmica naturale! Ma che cosa, dunque, ci distingue o ci differenzia?
Due cose: il pensiero creatore e la parola realizzatrice.
Cartesio diceva: io penso, quindi sono. Ma chi parla dentro di noi, chi ci fa agire?
Ognuno affronta ogni giorno delle prove, ognuno giorno dopo giorno acquisisce delle certezze da memorizzare come su di un computer, sul nastro magnetico dell’anima, per tirarle poi fuori sul canale privilegiato degli eventi, ogni qual volta se ne presenti la necessità.
Ciò fa presupporre una memoria costante ed eterna che agisce dalle profondità del nostro essere. Una memoria che richiede una verifica costante, finché il suo meccanismo non si perfeziona, creandosi in noi la consapevole certezza del vero.
Perché questo meccanismo di memoria e coscienza della verità si perfezioni, deve attuarsi il distacco dalle passioni che ci attanagliano, frastornandoci nella quotidiana lotta dell’esistenza.
Per quanto si proceda a tentoni, ciò a cui si mira è la costituzione della propria identità attraverso il contatto con il proprio «IO» occulto, unica possibilità per eternizzarsi.
Ma nel tessere e ritessere la tela del nostro eterno cammino non dobbiamo credere di essere soli e avulsi dal contesto universale!
Oggi ancor più di ieri si cerca anche nel sociale di rivalutare il concetto di universalità, di uno spazio umano senza frontiere e confini. Ciò comporta l’abbattimento degli egoismi separatori e la rivalutazione del concetto di «divinità» dell’essere che, collocato in una consequenzialità cronologica e spaziale, parte dal divino e, attraverso il ciclico manifestarsi della vita, al divino delle sue origini ritorna.
Filo conduttore di questo percorso eterno è la vita che quanto più è vissuta senza legami e interessi egoistici, tanto più consente all’essere la libertà di perseguire fino in fondo il fine ultimo del suo ritorno al divino.
È questo infatti il suo Sommo Bene, come il bene relativo degli esseri è vivere nell’armonia e nel rispetto dei propri simili, in quell’amore fraterno che, quale forza coesiva e aggregante si può sintetizzare nel detto latino Similis cum similibus faciliter congregantur e porsi alla base del concetto di fratellanza lottando primariamente con sé stessi per il trionfo del bene in ogni sua manifestazione, e coltivandolo dentro e fuori di sé nei pensieri, nelle parole e nelle opere, perché possa dare i suoi frutti. Frutti che possono tardare, ma mai venire a mancare!
Attuare il bene con fede, tenacia e costanza, con amore disinteressato, facendo della propria vita l’esempio continuo delle potenzialità benefiche della natura umana, e dell’ineluttabilità di un cammino in ascesa per tutti gli esseri che tendono alla Verità, è stato questo il fine, questa la virtù cui, in qualità di esseri senzienti e consapevoli, non dovremmo nè potremmo mai del tutto rinunciare.
In questo consiste il vero culto della Vita, questa è la prima, piccola vittoria sulla morte, questa dovrà essere la proiezione imperitura nel principio di vita nova nel Bene è l’eternità dell’essere! Non è facile! Molti cadono sotto il fardello dei limiti umani, altri pur inciampando restano in piedi, altri ancora si fermano a segnare il passo non riuscendo a spiccare il volo, alcuni, rari, si trasformano e irradiano come tramite divino l’aurea benefica d’amore e di salute.


Le teorie astrologiche kremmerziane attingono ad una tradizione codificata da oltre 6.000 anni, e poggiano su schemi astrologici arcaici, obbedienti a leggi fisiche e naturali di cui nei millenni si sono perse le chiavi di lettura.
Le caste sacerdotali, artefici di questa codificazione, hanno vulgato a loro uso e consumo le teorie e le pratiche sull’influenza degli astri nei destini umani, ammannendole ai popoli per lo più sotto forma di rivelazione divina. Infatti scrive Kremmerz: ... gli astri, sole, luna e stelle, nel sistema religioso astronomico degli antichi personificavano le deità coi loro attributi.
L’interesse babilonese per le stelle risale alla fine del III millennio a.C. e si sviluppò come matematica astronomica intorno al 1200 a.C. anche se, i primi modelli matematici per calcolare con una certa precisione i fenomeni celesti, comparvero solo alla fine del VI secolo a.C.
Oggi si fa appunto risalire l’origine dell’astrologia al III millennio e si ritiene che le predizioni astrologiche babilonesi (tavolette scritte in caratteri cuneiformi ritrovate nel sottosuolo dell’antica Ninive), per la straordinaria semplicità della lingua, derivino da analoghe predizioni in lingua sumerica. Dalla Mesopotamia la cultura astronomica si diffuse rapidamente in Egitto, in Grecia e in India, arrivando forse anche in Cina.Si è soliti, comunque, considerare la prima metà del I millennio il periodo cruciale dello sviluppo dell’astrologia a Babilonia, quando gli osservatori e interpreti di presagi celesti, chiamati TUPSAR ENUMA ANU ENLIL, erano esperti in ogni campo della divinazione, guidati dal concetto (come sostieneM. Jostrow jr. in Die religion Babyloniens und Assyriens) che il cielo e la terra corrispondono l’uno all’altra come l’originale con la copia.. Cielo e terra costituivano dunque un’unità indissolubile. Questa concezione, la più antica, cambierà nelle culture successive, laddove l’astrologia classica ridurrà il cielo e la terra come coppia di opposti in un rapporto di causa-effetto.
L’idea della causalità dei cieli s’incrementò con lo sviluppo della matematica astronomica, intorno al VI secolo a.C. che fece prevalere l’interesse per i fenomeni celesti sulle altre tecniche divinatorie (tra cui ad esempio l’estispicina).
Pur scarseggiando la documentazione sulla diffusione dei presagi celesti babilonesi nel mondo ellenistico, è pur tuttavia certo il ruolo di intermediazione svolto dall’Egitto verso il mondo greco-romano. Frammenti di papiri, come quello studiato da Neugebauer e relativo ad effemeridi lunari, dimostrano che, documenti dell’astronomia babilonese del periodo seleucide o dell’ultimo periodo achemenide, potevano essere letti in lingua greca nell’Egitto romano.
Ma nonostante la pratica egiziana dell’utilizzo di date stelle per la determinazione del tempo, già dall’inizio del II millennio a.C. in Egitto, in base ai documenti tramandati, l’astronomia non sembra aver fatto progressi finché non si osserva in essa una chiara influenza babilonese.
Secondo R.A. Parker (A Vienna Demotic Papyrus Eclipse and Lunar-Omina ) il testo più antico della letteratura astrologica egiziana, risale al regno di Dario I (tra il 521 e il 486 a.C.), quando l’Egitto divenne una provincia persiana. Si tratta di una raccolta di pronostici che riguardano l’Egitto e i paesi vicini, fondata sull’osservazione delle eclissi. L’origine babilonese di questi pronostici, seppure adattati alle condizioni egiziane, appare dall’identità del modello egizio con le sezioni solari e lunari dell’Enuma Anu Enlil, (serie di circa 70 tavolette, redatta intorno al 900 a.C. contenente migliaia di pronostici di natura sia metereologica, sia siderale) e, inoltre, dall’uso di un calendario unificato egiziano e babilonese. L’Egitto sembra comunque aver svolto un ruolo originale nell’elaborazione della tecnica astrologica, in particolare nel III secolo a.C. sotto i Tolomei, come vedremo in seguito.
Giuliano Kremmerz, nelle Lunazioni, menziona un ciclo caldeo anch’esso basato sull’osservazione delle eclissi lunari, precisando, secondo le annotazioni dell’Anonimo compilatore (Izar – De Servis, Suo Maestro) che... in quella regione astronomico-magica (la Caldea), le eclissi erano tenute in grande considerazione, poiché la luna perdeva molto della sua forza, o ne acquistava maggiore, secondo le ore e la posizione del sole.
Se si considera poi che il Kremmerz definisce i Caldei una casta sacerdotale di origine atlantidea alla cui sapienza e scienza gli Egizi attinsero, si può dedurre la derivazione sia dell’astrologia babilonese sia dell’egizia, da questa misteriosa, sapiente e antichissima scienza di origine divina.
Tenne a precisare Kremmerz che... Il sacerdozio egiziano, come il caldaico – prese l’analogia dei tre mondi (il visibile o natura, l’astrale o sotterraneo, occulto regno della psiche e dell’inconscio, e il divino o planisfero celeste e stellato) e lo riprodusse nell’esoterismo del suo tempio, pigliando a prestito dall’astronomia, dalla geografia e dalla storia naturale, tutto l’artificio della sua simbologia e tecnica religiosa.
Numerose le testimonianze circa l’importanza dell’astrologia egizia. Secondo Diodoro Siculo: Non c’è forse nessun altro paese in cui le posizioni e i movimenti degli astri siano osservati con più precisione che in Egitto. Da un numero incredibile di anni essi tengono dei registri dove segnano le loro osservazioni. Vi si trova notizia dei movimenti dei pianeti con le rispettive posizioni e rivoluzioni; inoltre sono registrati i rapporti di ogni pianeta con la nascita degli animali e infine gli astri dagli influssi buoni o cattivi ... Qualcuno addirittura sostiene che i Caldei di Babilonia, così famosi per la loro astrologia, siano una colonia egiziana e che siano stati istruiti in questa scienza dai sacerdoti d’Egitto ... (e inoltre) ... I tebani d’Egitto si considerano gli uomini più antichi e sostengono che la filosofia e l’astrologia esatta sono state inventate a Tebe ...(I, LXXXXI-L).
Così come lo stesso Kremmerz precisa che ... le Lunazioni, i libri non ancora profanati di Izar, sono commentati dal suo discepolo B-ANUR di Tebe.
Nel III secolo a.C. la politica culturale dei Tolomei radunò in Alessandria matematici, medici e filosofi. E’ in quest’epoca che si delinea in Egitto una divinazione astrale, denominata apotelesmatica, che usa i metodi della scienza ed è scritta in greco: gli influssi delle rotazioni dei cieli producono quelle cause che determinano gli eventi terreni.
La nascita dell’apotelesmatica segna un punto cruciale dell’arte astrologica, una fusione di elementi greci (nuovo sapere astronomico, filosofia della natura) e babilonesi (la tradizione degli omina = eventi eccezionali o mostruosi) con alcuni caratteri del misticismo egiziano. Ciò produsse (come sostiene D. Pingree in Hellenophilia versus the History of Science ) lo sforzo supremo compiuto nell’antichità di creare in forma rigorosa un modello causativo del kosmos, un modello in cui le rotazioni eternamente reiterate dei corpi celesti unitamente alle loro reciproche relazioni ... producono tutti i cambiamenti nel mondo sublunare..
Inoltre fra i testi ermetici del I secolo a.C., che in realtà si rifanno a testi più antichi, quelli di natura astrologica contemplano anche la botanica e la medicina.
Furono dunque i sacerdoti-astrologi egiziani, educati nella cultura ellenistica, a coniare il termine iatromatematica, a unire cioè la medicina alla previsione astronomica, così che l’astrologia esce definitivamente dalla tradizione ieratica e si diffonde come scienza, unita all’alchimia, alla medicina astrologica, alla magia, cioè a quelle discipline che terranno campo fino al Rinascimento. E’ in questo periodo che viene riconosciuta una tradizione sacrale rimontante a personaggi remoti e semidivini (Thoth, Ermete Trismegisto), come l’originaria depositaria della sapienza e della scienza astrologica. Successivamente, infatti, la letteratura astrologica greca (nata nel I secolo a.C.) si riannoderà all’antica conoscenza risalente ai saggi egizi.
Testo fondamentale per la disciplina astrologica fu nel II secolo a.C. l’opera di Claudio Tolomeo (nota 1) il Tetrabiblo o Quadripartito, prodotto del progresso dell’astrologia e della matematica nella scuola di Alessandria. Con Tolomeo però inizia l’allontanamento dall’astrologia egizia antica o dal metodo antico. Il procedimento antico egizio, egli dice, è troppo difficile e infinito e bisogna quindi convertire le configurazioni astronomiche che sono matematiche in configurazioni fisiche, ovvero di natura. Convertire dunque la scrittura celeste in forma terrena, osservando direttamente la natura fisica: ecco le basi della matematica applicata all’indagine della natura. E continua dal Tetrabiblos ... assai a proposito ci avvicineremo a quella dottrina che ci insegna ad evitare i malanni ... poiché nonostante non possa stornare tutto, essa effettivamente può spingersi davanti agli accidenti e respingerne qualcuno. Gli egizi che hanno maggiormente sviluppato tale scienza, riconoscendo tale verità, unirono sempre la medicina alle predizioni astrologiche e non ci avrebbero mai lasciato tanti antidoti e mezzi per stornare i mali, presenti o futuri, comuni o particolari, se fossero stati dell’avviso che non li si può deviare o evitare. Inoltre essi unirono alle predizioni dei rimedi che, con l’aiuto della natura, producono degli effetti contrari ad esse, donando a questi rimedi il secondo rango dopo la causa determinante. Essi chiamano la dottrina di tali cose Iatromatematica, giacché con la contemplazione degli astri, essi possono giungere a giudicare dei temperamenti, degli avvenimenti futuri e delle esatte cause di questi; infatti, senza tale conoscenza i rimedi usati in medicina sbagliano sovente, visto che gli stessi non si adattano ad ogni tipo di corpo o di malattia; d’altra parte, dall’arte medica essi traggono i mezzi per stornare le malattie future e, per quelle presenti, dei rimedi che, per quanto possibile, non siano fallaci, aiutandosi in questo con cose che sono simili o contrarie ai morbi.
Sesto Empirico, contemporaneo di Tolomeo, allude anch’egli al metodo egizio-caldeo tradotto nella Iatromatematica e, dal Matheseos (VIII, IV, 22,2) di Firmico, apprendiamo che questa scienza contemplava il metodo di cura allopatico: ... poiché una natura è vinta da un’alta natura, poiché sovente un dio trionfa su un altro dio, da questa opposizione di nature e di potenze egli trasse il rimedio a ogni male.
Ma anche l’omeopatico, secondo la Iatromatematica di Ermete Trismegisto, che afferma: ... la malattia proviene non già da una molestia esercitata sull’organo dall’astro a questo organo preposto, ma dal fatto che questo astro medesimo, essendo da un altro afflitto, comunica debolezza e malessere al membro che dispone (legge di similitudine o dei simili).
In ogni caso la terapia, basata sulla relazione di antipatie e di simpatie fra l’astro, l’organo e il rimedio, stando a quest’antico metodo, poteva essere allopatica o omeopatica. Un frammento della Iatromatematica di Ermete Trismegisto ad Ammone egizio , (in Phisici et Medici graeci minores) la cui antichità è riferita da Pancario nel III sec. d.C. e da Serapione nel I sec. a.C., così infatti afferma: dicono i sapienti, o Ammone, che l’uomo è un cosmo perché è fatto, nella sua costituzione, a simiglianza del cosmo ... Occorre dunque che chi professa l’arte medica osservi i moti del cielo e delle stelle con le loro mutue disposizioni, giacché nulla delle cose che accadono agli uomini avviene senza la loro commistione ... E bisogna che il medico abbia giusta conoscenza del decubito del malato, in quale ora accade.A tal proposito scrive Kremmerz che ... dalla Unità micro-macrocosmo ... nella tradizione egizia trassero origine l’astrologia e le influenze astrali nelle ipotesi del Tolom, il collegio sacerdotale che osservava le influenze degli astri ... così si stabiliscono le leggi della magia divinatoria ... Il fondamento astrologico caldeo concepisce il cielo visibile come legge della vita universale ... e l’unità è la chiave di ogni analogia ... se il discepolo non intende ciò, non intenderà mai cosa è l’astrologia pei maghi e dirà dell’astrologia come certi professori pagati dallo Stato ... che essa è una superstizione, e non comprenderà lo spirito dell’alchimia, e le leggi trasmutatorie della vita nel macro e nel microcosmo!A Roma l’astrologia, inizialmente combattuta dal Senato e dagli aruspici (numerosi sono gli editti che interdicono l’esercizio dell’arte caldea), prese il sopravvento col diffondersi dei culti orientali. Le forme di divinazione erano numerose e poggiavano su presupposti diversi. La classificazione più nota era quella di divinazione naturale ed artificiale. Nella prima si aveva un intervento diretto della divinità che si manifestava all’uomo in condizioni particolari o nel sogno (vedi ad esempio le voci profetiche dei Fauni o i vates che cantavano le loro profezie); la seconda, in quanto ars, prevedeva una tecnica, di pertinenza di un interprete, grazie alla quale questi riceveva un segno dalla divinità che doveva appunto interpretare. La divinazione artificiale includeva l’astrologia che, per i Latini, designò sempre anche l’astronomia.
Nella Roma decadente degli ultimi imperatori pagani l’abuso dell’astrologia conobbe grande successo, beneficiando di tutte le speculazioni caldee ed egizie che l’ellenismo aveva diffuso e, nell’ambito della antica mitologia greco-latina, gli astri furono personificati, ricevendo nomi e caratteristiche degli dei olimpici.
Nel mondo pagano gli astrologi erano detti astronomi, matematici, caldei, babilonesi ecc. e come Kremmerz riporta ... all’epoca della decadenza del mondo latino Roma era invasa da maghi ed astrologhi, beninteso col beneficio dell’inventario, ma tali che davano la fisionomia popolare alla magia dei filtri di piazza e terapeutica, nonché all’astrologia divinatoria e giudiziaria. Si trattava di arti divinatorie che non avevano niente a che fare con le prime manifestazioni augurali semplici dei sacerdoti di Stato. I Caldei, si chiamavano così con un nome comune, tutti quelli che si occupavano di magia, di medicina e di astrologia, fiorivano a centinaia nella capitale imperiale, dove la promiscuità delle razze permetteva il rapido crescere e il dilagare di avventurieri di ogni colore.
Il Cristianesimo si oppose strenuamente all’arte caldea che trovò, invece, terra fertile nell’Islam, sia perché qui era radicato il culto stellare dell’antico paganesimo, sia per l’assoluto determinismo insegnato da Maometto. Inoltre la tendenza positiva e illuministica della filosofia araba, agganciata ad Averroè, era ben disposta verso di essa.
In Italia, nel X secolo, appaiono le prime traduzioni dall’arabo, che diverranno copiose nel XII secolo. L’influenza dell’astrologia araba fu straordinaria, soprattutto se si considera che dal VI al X secolo la cultura ufficiale aveva avuto come fonti principali le sole opere di Macrobio e di Marziano Capella, più vicine alla retorica che non alla scienza.
Ma fino al tardo Rinascimento si mantennero in vita, con qualche lieve cambiamento, le principali forme di astrologia coltivate dai Greci sin dal I secolo, e cioè il sistema delle interrogazioni per soddisfare le esigenze della vita quotidiana; il sistema delle elezioni per determinare il momento propizio ad ogni azione; il sistema della natività.
Il nome di Ermete Trismegisto, ben noto durante il Medioevo, era associato all’alchimia e alla magia, ma in particolare alle immagini magiche o talismani, collegati ai decani astrologici, i quali erano considerati pericolosi demoni, tanto che alcuni testi attribuiti ad Ermete furono condannati da Alberto Magno perché intrisi di magia diabolica e, perciò, vietati.
Inoltre la censura agostiniana verso il culto demonico descritto nell’Asclepius (nota 2), pesò gravemente su quest’opera. Comunque la maggior parte degli scrittori medioevali interessati alla filosofia naturale trattarono Ermete con grande rispetto: così Bacone che lo considerava il padre dei filosofi. Il Picatrix (nota 3), benchè non attribuito ad Ermete, lo ricorda e si può ritenere che abbia costituito una delle fonti di Ficino in materia di talismani e di magia simpatica. E’ infatti un compiuto manuale pratico di magia talismanica utile alla cura delle malattie, al prolungamento della vita, alla vittoria sui propri nemici, alla conquista dell’amore ecc. Per di più la teoria della prisca theologia, cioè la pietà ed antichità di Ermete Trismegisto, priscus theologus e mago, offriva un’opportuna giustificazione alla magia rinascimentale. Lattanzio aveva poi considerato Ermete come il profeta del Figlio di Dio, di modo che la sua immagine di profeta pagano, si trova ancor oggi raffigurata sul pavimento a mosaico del Duomo di Siena, attorniata dalle Sibille classiche, anch’esse transitate nel Cristianesimo.
La letteratura ermetica dell’epoca medioevale si può dividere in due filoni: i trattati filosofici, e quelli astrologici, alchimistici e magici, ossia i pratici, una cui buona parte è attribuita ad Ermete Trismegisto. Ma poiché anche i criteri della magia simpatica si imperniano attorno alle continue influenze astrali sulla terra, gli Hermetica filosofici si possono collocare nella stessa corrente di pensiero degli Hermetica pratici, cioè, come già detto, dei trattati di astrologia, di alchimia e degli elenchi di animali, piante e pietre raggruppati a seconda delle loro occulte simpatie con le stelle.
Nell’astrologia ellenistica, base degli Hermetica filosofici, ed erede dell’astrologia egiziana, ruolo fondamentale avevano avuto i 36 decani o 36 dei governatori delle divisioni decimali dei 360 gradi del cerchio zodiacale. Gli Egiziani avevano divinizzato il tempo, in modo che ciascuna ora del giorno e della notte aveva un proprio dio e come riporta Erodoto (II, LXXX II) ... essi sono autori di parecchie trovate originali, come quella di designare a quale dio è consacrato ogni giorno e ogni mese dell’anno, o di determinare in base al giorno di nascita gli avvenimenti della vita, le circostanze della morte e le qualità di un uomo. I decani, chiamati così in età ellenistica, erano di fatto divinità sideree egiziane del tempo, assimilate dall’astrologia poi detta caldea, e collegate allo zodiaco. Avevano un proprio e preciso significato in quanto Oroscopi che presiedevano alle vite nate nei periodi di tempo da essi controllati, ed erano congiunti ai pianeti, come giustamente rileva la Yates.
Dalla risposta di Origene a Celso (in Contra Celsum - VIII) emerge chiaramente la grande influenza esercitata dall’antico Egitto sul Neoplatonismo, riaffiorato al tempo della reazione pagana al cristianesimo e l’antichità dell’importanza attribuita ai decani: ... essi (gli egizi) dicono che il corpo umano è stato posto sotto il controllo di 36 demoni, o specie particolari di divinità eteree ... A ciascun demone compete una parte diversa. Essi conoscono i nomi di questi demoni nel loro dialetto locale: Chnoumen, ... Knat, Sikat, Biou, Erou, Rhamanoor (che s’incontra nelle Lunazioni) e Rheianoor ... invocandoli essi guariscono le sofferenze delle varie parti del corpo ... (nota 4)
Ritornando al Medioevo, in Italia era dunque diffusissima la pratica astrologica. Importanti erano lo studio padovano, con Pietro d’Abano e Cecco d’Ascoli, e la corte di Federico II con Michele Scoto, che professavano un astrologismo mitigato, ove gli astri sono i segni degli avvenimenti.
Giuliano Kremmerz, di questa lunga parentesi storica sottolinea che: ... caduto l’impero (romano) durante il periodo barbarico, col cristianesimo si innestavano nelle plebi le superstizioni inesatte delle antiche credenze e il medioevo ci appare con un corteggio di ciarlatani ed empirici che trovavano pane e gonzi dovunque. Ogni signorotto ... possedeva l’astrologo e fino ai secoli XVII e XVIII l’astrologia empirica era stabilita sui canoni delle vecchie superstizioni – L’Italia prima e l’Europa tutta – ebbero perfino dei professori di astrologia di grido ... quella che io derido è l’astrologia empirica dei sistemi pseudo-astronomici, come se ne fabbricano nell’America del Nord e fuori Italia, nella nostra Europa, con temi figurati ad imitazione dell’astrologia medievale mal compresa e male imitata. Nel Commentarium del 1911 ho ricordato un libro del Cinquecento contro l’astrologia superstiziosa ... libro di G. Montanari di Modena, professore all’Università di Bologna e poi di Padova che dimostra profanamente come il buon senso della nostra stirpe non si è lasciato mai portar per il naso dai mistici vaniloqui di altra gente ... E di astrologia e del primato italiano anche in questa ...L’Umanesimo e il Rinascimento tennero in gran conto l’astrologia che deteneva un ruolo primario nell’ambito della Scienza della Natura poiché trattava dell’intreccio continuo di influssi fra l’essere umano e la natura. Inoltre, se il Medioevo era erede dell’avversione propria dei Greci ad applicare la conoscenza ai fini operativi, e pertanto la teologia medioevale, come giustamente analizza la Yates (in Giordano Bruno e la tradizione ermetica) costituiva il coronamento della filosofia, e la contemplazione il vero fine dell’esistenza umana, per cui qualunque impulso operativo non poteva che essere ispirato dal demonio, nei secoli successivi l’orientamento mutò, e l’attività pratica acquistò straordinaria importanza. Fu ritenuto conforme alla volontà di Dio che l’uomo potesse esercitare praticamente i suoi poteri e nacque perciò un acceso dibattito sulla necessità di una pratica della scienza astrologica. Ciò può evincersi, infatti, da questo brano di Giovanni Pontano, insigne umanista del Regno di Napoli (in Commentarium in Centrum sententiis Ptolomaei): ... nel medico e nel filosofo morale non si richiede la sola scienza ma anche la pratica ... Lo stesso affermiamo dell’astrologo ... un astrologo eccellente deve usare una doppia arma: la Natura e la Scienza. Quindi la connotazione scientifica dell’astrologia la poteva distinguere da quella volgare dei tematici, i cosiddetti astrologi di professione, oggetto di riso sin dai tempi di Tolomeo, assicura Pontano.
Uno studio interessante di Giuseppe Toffanin (in Giovanni Pontano fra l’uomo e la Natura) offre alcune delucidazioni in merito a quali fossero le reali connotazioni scientifiche dell’Astrologia e all’avversione che pertanto suscitava, la cui ragione principale consisteva ... nella difficoltà che gli astrologi provavano a fermarsi lì, a non cedere alle lusinghe del’altra scienza, l’Alchimia (nota5). La quale, codeste interferenze non si limitava a scoprirle; pretendeva anche dominare e trasformare. Si cominciava astrologi e si finiva alchimisti.
Si può dire perciò che, dal Rinascimento in poi, si tentò di riagganciarsi all’idea originaria astrologica dell’indissolubilità di cielo e terra e dell’analogia fra macro e microcosmo.
Da questo momento l’astrologia si sdoppia in naturale (astronomia) e giudiziaria. La prima si fonda sulla ricerca e la conquista scientifica delle leggi fisiche dell’universo. Mentre la seconda determina gli influssi degli astri sugli esseri terrestri e sugli uomini; è legata a forme arcaiche di astrolatria e ha cura degli eventi più generali. Il termine «giudiziaria» origina dal greco apotelesmatica = giudizi su eventi che giungono a compimento. Gli Arabi coniarono il termine corrispondente: scienza dei decreti o dei giudizi (nota 6). Tutte le università ne adottarono l’insegnamento, tuttavia, come già detto, non mancarono gli oppositori: a parte la Chiesa, Pico della Mirandola, Savonarola e infine Montanari (citato da Kremmerz).
L’astrologia giudiziaria entrò anche nel campo della morale e della religione ... gli astrologi – dirà infatti S. Agostino nelle Confessioni – pretendono che sia Venere o Saturno o Marte che ci han fatto compiere questa o quell’azione ... e la colpa ricade su colui che ha creato e regge il cielo ...
La Chiesa, dunque, intervenne contro l’astrologia giudiziaria (nota 7), asserendo che questa finiva col negare il libero arbitrio e la provvidenza e volontà salvifica di Dio (nota 8). Ma la Chiesa male interpretò l’antica dottrina astrologica (difesa ad esempio da umanisti come Pontano) confondendola con la parte più ciarlatana di quest’arte che pure le camminava a fianco. Essa in realtà combatteva la possibilità di una scienza e di una pratica che liberassero l’uomo dal suo assoluto controllo! Altro che libero arbitrio e provvidenza!
Proseguendo nel tempo, Giordano Bruno, senza alcuna inibizione cristiana, ritenne superiore la tradizione ermetica egizia al Cristianesimo. L’origine della sapienza, diceva, appartiene agli Egiziani e ai Caldei. L’arte bruniana della memoria, ars hermetica, si basa sull’assunto che imprimendo nella memoria le immagini celesti, le figure zodiacali, ombre della mente divina, si può ottenere il possesso di un’arte figurativa che assisterà meravigliosamente, non solo la memoria, ma tutti i poteri dell’anima (Opere latine).
Fra i libri di coniurationi, trovati in possesso di Bruno quando venne arrestato, vi era il De Sigillis Hermetis et Ptolomaei. Bruno dichiarò che esso non era stato scritto da lui ma copiato per suo conto a Padova e aggiunse: non so se oltre la divinazione naturale vi sia alcun’altra cosa dannata; ed io l’ho fatto trascrivere per servirmene nella giudiziaria (astrologia); ma ancor non l’ho letto, ed ho procurato d’averlo, perché Alberto Magno nel suo libro De mineralibus ne fa menzione, e lo loda nel loco dove tratta De imaginibus lapidum.
Tommaso Campanella, ne La città del Sole assegna alla città un’immagine completa del mondo in quanto governato dalle leggi della magia naturale in dipendenza dalle stelle. La Repubblica campanelliana, come sostiene la Yates, è impregnata, per ogni verso, di astrologia e il suo intero sistema di vita è volto al raggiungimento di un vantaggioso rapporto con le stelle. Il proposito di dar forma ad una buona razza umana, mediante la procreazione selettiva, sta ad indicare la scelta del giusto momento astrologico per il concepimento, e l’esigenza di accoppiare esseri reciprocamente compatibili quanto a temperamento astrologico.
Ma le condanne verso questa scienza antica quanto il mondo, non mutarono lo stato delle cose e le battaglie a favore o contro perdurarono.
Nei confronti della medicina invece, la Chiesa fu molto più larga di concessioni, permettendo l’esercizio dell’astrologia nei suoi riguardi così come nella navigazione.
Dopo che i rapporti fra medicina e astrologia si erano stabiliti sin dai tempi di Galeno, questa scienza entrata nel campo astrologico medievale, riconobbe gli effetti che le onde e gli influssi cosmici ed astrali hanno sulla salute umana. Fino al 1600 quest’arte medica ebbe florida vita e poi un’effimera reviviscenza con il mesmerismo.
Raimondo di Sangro, principe di San Severo reintrodusse nell’età dei Lumi le antiche tradizioni culturali, come la cabala, l’ermetismo e la visione panteistica della natura. L’Ermetismo che sembrava destinato a una lenta emarginazione, privato com’era di ogni funzione specifica tra le forme culturali egemoni, riuscì a sopravvivere adattandosi ai tempi e alla nuova sensibilità.
Lo studioso V. Ferrone nella sua opera I profeti dell’Illuminismo considera che tale dottrina serbava nell’età dei Lumi l’intreccio tra tecniche magiche, insegnamenti astrologici e alchemici.
La secolarizzazione del sapere ermetico, la sua progressiva autonomia dal mondo magico, a favore di un’utilizzazione razionale delle teorie cosmologiche e scientifiche, ma contrapposte al meccanicismo, costituirono un lento ma costante processo che andò sviluppandosi per tutto il 600 per approdare all’inizio del 700 alla sua definitiva consacrazione nell’opera dell’illuminista John Toland, il Phanteisticon, pregna di una filosofia della natura ispirata al panteismo rinascimentale bruniano.
Ma, negli ultimi anni del 700 il nuovo illuminismo vide il riemergere di forme culturali che attingevano a credenze ormai relegate ai margini del dibattito intellettuale e dirette ad un ritorno al magico.
Il progressivo diffondersi del mesmerismo, del sonnambulismo, dell’astrologia naturale, della fisiognomica, la gran quantità di fluidi vitali, elettrici, nervosi, che permeavano un cosmo ancora una volta animato e vitale, favorirono l’indebolimento del pensiero meccanicistico fisico-matematico contro il soprannaturale.
Tale compito fu reso più agevole dal comportamento di alcuni illuministi che amavano privilegiare la dimensione iniziatica delle antiche arti divinatorie, respingendo le istanze neonaturalistiche e le tecniche empiriche, come ad esempio Lavater, o Mesmer che si oppose ai medici e scelse di propagandare il magnetismo animale come una delle terapie possibili, aderendo alla massoneria occultistica e rivendicando il carattere iniziatico delle sue teorie e della capacità di guarigione.
Brevi note sull’astrologia ermetica kremmerziana e sue connessioni con l’ars divinatoria La filosofia ermetica considera l’universo come un’unità incommensurabile (macrocosmo), uguale in funzioni, ovvero per analogia, a ogni unità d’ordine inferiore, e tanto vale anche per il corpo umano (microcosmo). Universo e uomo sono pertanto collegati in un rapporto analogico tale, da influenzarsi vicendevolmente in ogni loro funzione. E per quanto paradossalmente ambizioso, per la condizione umana, possa apparire questo concetto, è innegabile la sensazione d’ampliamento dei confini delle potestà della nostra specie (e non solo), che produce in chi ci si sofferma!
Se il cosmo influisce, infatti, nella modificazione delle nostre funzioni vitali, anche il più piccolo degli esseri viventi, può intervenire a modificare la vita cosmica, sia in senso migliorativo che peggiorativo.
Basti riflettere, guardando un po’ oltre il nostro piccolo orticello, su ciò che accade oggi nel mondo (buco nell’ozono, disastri ambientali, ecc.) per assumerci responsabilità e/o meriti nei confronti della vita universa!
L’astrologia in senso ermetico, e cioè intelligente, è una scienza gradualmente perfettibile che cammina parallelamente alla perfettibilità propria alla natura umana, man mano che quest’ultima si evolve nell’esplicazione delle sue infinite potenzialità creative. In parole povere, se un evento derivante da una congiunzione astronomica produce determinati effetti, un essere che riuscisse a procurare in sé stesso una «congiunzione» analogica a quella astronomica, potrebbe provocare in sé, o nel mondo che lo circonda, i medesimi effetti. Ad esempio, in relazione alle fasi lunari, il Novilunio astronomico è analogico allo stato verginale di nascita e il sintonizzare analogicamente le proprie funzioni e/o azioni a questa fase, può determinare su tutti i tre piani dell’essere (concreto, astrale e divino) il medesimo stato. (Tener conto delle fasi della luna è ancor oggi molto diffuso in agricoltura, in relazione soprattutto alle attività di semina e raccolto, anche se gli stessi contadini hanno perso la memoria delle motivazioni occulte che hanno spinto i loro avi a tramandare determinate regole).Il microcosmo-uomo è senza dubbio, fra gli esseri viventi, il più sensibile alla percezione delle influenze cosmiche. Ancor più lo è la donna che, come dice Kremmerz ... è in disarmonia con (la corrente) astrale e vibrante di sensibilità amorosa di cui ha il più delicato serbatoio fino al tramonto della luna.
Il che sta a indicare che la creatività femminile, non ha sede in un piano occulto, così detto astrale, bensì è metaforicamente governata da Venere - Lucifero, il portatore di Luce, e si manifesta in alto e in basso senza bisogno di intermediazioni astrali, poiché è essa stessa intermediaria di luce e di vita.
Alla donna infatti (vedi come esempio le Sibille), non occorre scrutare gli astri per divinare, e le basta porsi in un determinato stato vibratorio più o meno cosciente, ma per lei naturale, per incarnare il verbo oracolare. Scrive Kremmerz: Vi domandate – se veramente crediamo che gli astri abbiano pertinace influenza sugli uomini e le cose. La domanda la potete fare per la semplice ragione che non capite nulla del linguaggio panteo delle mitologie astronomiche che hanno preceduto il monoteismo ebreo ... Le forze incessanti che mantengono in azione di moto i grandi fattori dell’indicibile sintesi del creato, cioè dell’essere o esistente, discendono all’atomo e alla molecola ... Se la forza iperenergetica della Natura in tutta la sua magnificenza la chiamiamo Marte, nella sua azione fecondativa Venere, o nel suo irraggiamento creatore Giove, o nella morte rinnovatrice Saturno, noi non aspettiamo e non crediamo che tali astri siano i possessori intelligenti e animati che, con incostanza di umori, ci gratificano del loro influsso speciale.Ottaviano, in un saggio intitolato La divinazione pantea (in Commentarium ) afferma che tutte le culture tradizionali, fondate su una cosmologia sacra, credettero e credono nella possibilità di entrare in comunione con lo spirito emanante dalla Natura, data la determinazione di nature umane speciali. Questa divinazione viene detta nella tradizione kremmerziana: pantea, da Pan = Tutto.
Se si considerano inesistenti le barriere e ogni cosa viene considerata parte integrante dell’unità cosmica, la vita delle forme e quella della psiche si compenetrano reciprocamente in un processo di simbiosi occulta, aspirando e assorbendo l’una le qualità dell’altra in una continua tensione evolutiva.
Questa filosofia panteistica fu divulgata da Giordano Bruno che spiegava l’Essere come l’unità in cui si confondono spirito e materia, finito ed infinito, tutto rispecchiato nelle molteplici manifestazioni naturali."... L’universo ha ovunque le impronte del vaticinio ... i segni (signa rerum) "... dice Kremmerz. Fondamentalmente la divinazione riguardava per gli antichi la conoscenza della Natura e del suo linguaggio simbolico. Le conoscenze divinatorie si traducevano nella comprensione di quanto la natura presentava nella sua sintetica semplicità, e nell’intuizione della sua mentalità elementare, dato il presupposto dell’unità dell’essere che determinava una corrente dinamica tra l’osservatore e le cose circostanti. La dottrina augurale italica e romana e l’astrologia sacerdotale ebbero origine appunto dall’interpretazione delle visioni, secondo natura.
L’evento divinatorio può essere una prerogativa dell’intero organismo umano, posto in particolari condizioni fisio-psichiche. Kremmerz parla di trance-lucida, cioè governata dalla volontà educata ermeticamente, sempre da lui definita come lo stato passivo della coscienza esteriore per la liberazione del Nume.
Dunque la momentanea separazione dell’anima dai sensi, chiamata in causa dagli antichi, è piuttosto da intendersi come perfezionamento, attraverso varie tecniche, dell’apparato sensoriale, quale elemento propedeutico all’attività divinatoria, cioè alla comprensione del linguaggio simbolico ed intelligente della natura universa.
In altre parole l’atto divinatorio produce uno sdoppiamento nel soggetto, che sarà pertanto attivo e passivo nello stesso tempo. Scrive in La Fenice Mario Parascandalo (Hahajah) che si può a tal fine supporre, che quanto avviene tra ipnotizzato ed ipnotizzatore, possa essere praticato androginicamente, e cioè da soggetto ed oggetto riuniti insieme in una stessa unità.
Tutto questo non si fa ovviamente dormendo il sonno fisiologico, né l’ipnotico, né il magnetico; si compie tutto in uno stato d’esaltazione extranormale, uno stato di sovreccitazione della sensibilità.
L’indole sensuale di alcune divinità come, ad esempio, Eros e Fauno, è indice di un’intensa esaltazione sensoriale, dipinta come estasi amorosa perché analoga a quest’ultima nel congiungersi ad una dimensione metafisica.
La figura cornuta di Fauno (le corna indicano appunto un’estrema percettività e rendono bene l’immagine di antenne-sensi o di sensi allungati atti a captare ciò che normalmente è impossibile sentire) indicava che l’uomo, sotto l’impulso di certe eccitazioni nervose, poteva sviluppare una facoltà fantastica di sdoppiamento o esteriorizzazione, proiettando volitivamente la sua forma o ombra nell’unità della gran materia cosmica, o anima mundi.
In questo fenomeno attivo si racchiude l’idea che lo spirito della natura non si dona, ma è attirato solo dagli attivi. Il contro altare a questo tipo di divinazione, era costituito dalla medianità dei veggenti che subivano ciò che era ritenuto influsso divino (vedi le pizie o sacerdotesse dell’Apollo greco).
Ridurre inerti i sensi animali per dare completa libertà all’altro, al senso che è il medio conduttore tra l’ultra umano e l’umano è la tecnica consigliata dal Kremmerz, attraverso l’educazione ermetica dei sensi e della volontà.
L’Ermetismo divinatorio o astrologico o visionario o semplicemente intuitivo, a distanza di tempo breve o lungo, può pretendere di arrivare alla prescienza di fenomeni naturali importanti e non aspettati? Sì, partendo dalla premessa che l’Unità Universale è in contatto e corrispondenza perpetua con l’unità uomo. Quindi, se la sensibilità di un uomo eccelle, la previsione di un fenomeno non aspettato, per legge costante di ritorno accertato, non è cosa che essenzialmente ripugna alla ragione. Questo è quanto afferma Kremmerz. Ma sottolinea pure che la divinazione, nella sua essenza profetica comune a tutti, poiché la divinazione pantea (come rapporto col tutto-natura) è incessante e ininterrotta, in effetti, non è propria che alla costituzione dei più aristocratici organismi mentali, i soli atti a leggerne i rapporti e i facili simboli.