giovedì 18 febbraio 2010

pulsa la vita negli occhi dell'uomo ove il tutto traspare: il cielo, la terra, il mare... e la bellezza di d_o


adoro l'uomo magro, slanciato
con l'aria vissuta e lo sgaurdo lontano
perso nell'oltre, tornato al futuro.

quell'uomo un po' saggio e un po' bambino
con l'aria di chi soffre di perenne malinconia
per quella tremenda nostalgia del paradiso perduto

di quel luogo no-luogo che in verità ha lasciato
solo da pochissimo tempo e che ora, catapultato qui,
ha reso il suo soggiorno più greve,

gravido della gravità spaziale e dell'enorme peso
di questa impermanenza che lo separa dall'infinito
e che, come il più tedioso dei tarli lo divora e pian piano
lo consuma, dentro.

così mi fermo visibilmente attratta a guardare quell'uomo.
m’incanta quel suo sottile sorriso astutamente sornione,
dipinto nella morbida trasparenza tra il celato ed il furbo:
semplicemente candido, pennellato di neve, velato.

il bellissimo sorriso di colui che ha scalato le più alte vette
così come ha visto del suo baratro il fondo
e che quel fondo l'ha raggiunto,
lo ha visitato, lo ha anche toccato ma che, in compenso,
nè l'ebrezza dell'altezza, né quel fondo, lo hanno minimamente intaccato.

dove un altro si sarebbe certamente imbrattato,
ne è uscito vivo senza sporcarsi, anzi, s'è ri-generato:
ivi ha aquisito la vivida luccicanza
di chi conosce l'acqua dell'abisso stesso in cui s'è bagnato.

è restato a lungo in quell'accecante buio
giù, nel profondo, senza più fiato
come d'altri sensi munito
al suono d'un sussurro armonioso e vibrante.

lì nell'apnea e nell'ombra una forza oscura l'ha cullato
nel liquido amniotico d'una terra antica ed affine
che, benedetta, l'ha accolto tra materne braccia,
senza annegarlo

solo per farlo ri-nascere a nuova vita.

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